Era il 2002, ed ero sul Dino, un relitto molto carino appoggiato su un fondale di 25 metri all'ingresso di porto zafferano, una baia da fantascienza tanto è bella, nel sud della Sardegna, vicino a Punta Teulada.,
C'era il mio vecchio compagno di apnea a controllarmi, quindi decisi di fare un'immersione per andare a gironzolare sul fondo a circa -25 m.
Non avevo le mie pinne lunghe da apnea, quindi calzai le pinne da bombole, con calzari a suola rigida e cinghiolo. La pala della pinna era più corta e spingeva meno.
Mi ero zavorrato per apnee da circa 18 metri, la parte di coperta del relitto, e non avevo tolto 1 kg, forse 1.5 kg di troppo.
La prima apnea la facevo per passare una sagola intorno al candeliere sulla parte sopra al ponte di comando, per non filare l'ancora e restare sulla verticale, quindi c'era una cima guida a -18 metri circa fino alla superficie.
Faccio la mia iperventilazione e mi immergo con l'obiettivo di andare sul fondo.
Scendendo sento la forte corrente che spinge in direzione N, quindi invece di puntare a S del relitto, verso la chiglia, mi lascio trasportare verso il fondo a N dello stesso passando sulla sua sovrastruttura.
Giunto in fondo faccio il mio giretto ma mi accorgo di essere piuttosto negativo. Stando fermo scendevo piuttosto rapidamente e per restare in quota a - 25 m dovevo pinneggiare decisamente verso l'alto. Ma le pinne non erano molto efficaci (erano quelle per le bombole..

Comincio la risalita pensando di essere, per la corrente, protetto dal relitto. Ma non era così. La corrente, superato il relitto gli girava sopra puntando verso il basso, e me la trovo in perfetta opposizione alla mia risalita.
Sento le contrazioni diaframmatiche che spingono, la CO2 era salita più rapidamente del solito per lo sforzo maggiore.
Risalgo, ma sono negativo, con la corrente contro e le pinne non spingono. Sono trascorsi circa 1 minuto e 30 secondi e sono ancora a -22 metri. Pinneggio con più forza e sento le contrazioni che spingono con violenza e i polmoni che cominciano a darmi la sensazione di bruciare.
Ovviamente non ho molta alternativa se non mollare i piombi, ma poichè sono un fesso e penso che poi sarà molto difficile ritrovarli... proseguo confidando su....mah?!
Punto alla cima che avevo passato sul candeliere per aiutarmi a risalire anche con le braccia che mi obbliga ad un percorso obliquo per raggiungerla e non diretto verso la superficie: ma calcolo che l'uso delle braccia mi aiuterà molto e procedo.
Quando arrivo a -18 metri, alla cima NON NE HO PIU'. Ho finito il finibile, almeno questa è la sensazione.
Tengo la bocca ben chiusa e comincio a tirare di braccia e spingere con le pinne mentre risalgo. la corrente non influisce più e divento sempre meno negativo.
A pochi metri dalla superficie la spinta è positiva.
poi..... BUIO.
Apro gli occhi e il mio compagno mi sta tenendo la testa, comunicandomi bellamente di essere risalito in sincope negli ultimi due metri. Mi ha tenuto al testa fuori, due schiaffetti e tutto è tornato come prima.
Sentivo in bocca il sapore dovuto allo sforzo (acetone).
ANALISI
In questo caso, a differenza della prima sincope, la produzione di CO2 è stata notevole.
Giunto ad un valore di ppCO2 nel sangue da stimolare i miei chemiorecettori, le contrazioni diaframmatiche hanno cominciato a stimolare la respirazione.
Ho insistito con l'apnea (ero a -25 che dovevo fare?!) ma l'apnea era ancora sotto controllo.
Il problema è stato l'eccesso di fatica nella risalita che, oltre ad innalzare la CO2 (ma quella era già alta e aveva fatto il suo dovere di stimolo alle contrazioni), stava rapidamente consumando O2.
Risalendo di quota inoltre, la pressione è diminuita e, per la legge di Henry, la pressione parziale ppO2 è diminuita anch'essa. Giunta sotto la soglia limite, è cessato lo scambio alveolare e cellulare (O2 non ha pressione per passare dai globuli rossi alle cellule, e, allo stesso tempo, nei polmoni, per passare attraverso gli alveoli e fissarsi con l'emoglobina dei globuli rossi) e il sistema neurovegetativo ha indotto al sincope, uno stato di stand-by, per non consumare più nulla di non strettamente necessario.
Anche in questo caso la sincope è stata asciutta, perchè ho tenuto la bocca ben chiusa fino al momento della perdita di coscienza.
Ma a differenza della sincope in piscina, ove la CO2 era bassa, qui era alta. Ecco perchè il nome di sincope IPERCAPNICA (ma la sincope è sempre dovuta alla bassa pressione di O2).
Per ora non ho da raccontare una terza sincope (sgratt sgratt).
