Orate...misteriose
Inviato: 18 nov 2012, 20:59
Fino ad alcuni giorni fa sulla secca delle donne non c’era un pesce che fosse uno.
Questa secca che ha il suo sommo, abbastanza esteso, a 32 metri, si solleva da un fondale circostante di circa 50 metri e si trova a circa 7 miglia dal porto di Livorno.
Durante la primavera è ben frequentata da grosse tanute e saraghi e non mancano i pagelli di taglia generosa e qualche bel dentice praio, ma dall’estate in poi la secca è deserta.
Quando ieri verso le 7,30 del mattino siamo arrivati su questa secca, ben quindici barche erano già ancorate sul pianoro più elevato, non c’era posto per nessuna altra barca e per nessuno che avesse avuto un po’ di buon senso rischiando di fare un groviglio di ancore e cime.
Se volevamo la conferma che le mie informazioni avute in settimana fossero attendibili, l’avevamo avuta eccome.
Questo fenomeno naturale, per me misterioso, fa si che ogni anno nel mese di novembre, normalmente verso la metà, improvvisamente, senza nessun avviso alcune secche al largo di Livorno, si popolino improvvisamente di quel meraviglioso sparide che si chiama orata.
Non arrivano alla spicciolata dandoci il tempo di programmarci, nossignori, ieri non c’era l’ombra di un pesce ed il giorno successivo la secca è piena di questi dorati amici.
Ce ne sono di tutte le taglie e abboccano volentieri e facilmente a tutto ciò di commestibile gli si presenti a portata di bocca.
Chiaramente, per non fare inutili stragi chi è veramente sportivo imposta la sua azione alla ricerca del pesce di grossa stazza, limitandosi a trattenere le piccole prede.
Non fa caso al numero di catture delle barche vicine, non siamo in gara, non dobbiamo essere i più bravi, dobbiamo essere i più sportivi, infatti si vede chiaramente chi tiene tutti i pesci, e, chi come noi, rimette in acqua i pesci meno interessanti.
Noi ci siamo dati una regola, teniamo le orate sopra i 500 grammi di peso, intendiamoci bene, non è che stiamo li a pesarle una volta imbarcate, ma ad occhio vediamo quelle che secondo noi possiamo trattenere.
Nonostante alcune barche di amici ci invitino ad ancorarsi vicino a loro, preferiamo allontanarci per non disturbare la loro azione di pesca.
Con lo scandaglio acceso, continuiamo fino a portarci sotto vento del gruppone di pescatori, conosco abbastanza bene tutta l’area e so che ad un certo punto troveremo una depressione a -48 che risale in cigliata fino a -42, il vento è favorevole per la manovra, infatti caleremo l’ancora nel profondo e pescheremo, dando l’appropriata cima a -42, con questa manovra non correremo il rischio di sferrare nonostante il vento teso ed il mare abbastanza mosso.
Eseguo la manovra perfettamente e l’ancora fa subito il suo dovere, faccio filare cima finchè non scadiamo sottovento alla profondità prescelta, bittiamo la cima, ecco siamo pronti.
La prima nostra preoccupazione è quella di pasturare per far fermare i pesci sotto la barca, lo facciamo subito con un capace pasturatore a sgancio riempito di sarde tagliate, preventivamente a casa, in piccoli pezzi.
Montiamo le canne da light drifting, e iniziamo a pescare.
Memore delle “passate edizioni” decido di pescare servendomi del galleggiante, misuro accuratamente il fondo, preparo il terminale in f.carbon 0,30 e lego un amo ad occhiello del n° 2, innesco un trancio di sarda e faccio scorrere tutto fino sul fondo.
Nella concitazione non mi ero accorto che a Marco da un po’ noia il mare, infatti si siede sulla panchetta di poppa, aspettando di stare un po’ meglio prima di pescare.
Rinaldo invece ha gia calato la sua canna, lui pesca senza galleggiante, solo un piombo di 15 grammi appena sufficiente a portare l’esca sul fondo, e, ha ragione lui.
Dopo neppure venti minuti porta a pagliolo la prima orata della stagione, non è grandissima, non arriva ai 700 grammi ma a bordo viene accolta con tanta gioia.
Lo aiuto a slamarla con un paio di pinze adatte a questo uso, la prendo in mano e prima di riporla in frigo non manco di ammirarla.
Il corpo di un argento brillante ed il muso scuro, la macchia rosea sugli opercoli, ma soprattutto i suoi cigli dorati che attraversano il muso fino agli occhi e che danno il nome a questa meravigliosa creatura.
Non hanno niente a che vedere con quelle di allevamento.
La pesca riprende con Rinaldo che fa da mattatore. Mentre con il sistema che adotto io non vedo una mossa.
Con la coda dell’occhio vedo Rinaldo impegnato con una grossa preda, la sta giostrando bene, la frizione del suo Shimano lavora a meraviglia, impugno il guadino e dopo una decina di minuti di lotta, finalmente aggalla, è un magnifico esemplare di circa due chili.
Mi mangio le mani perché ho la fotocamera a riparare dal fotografo, abbiamo solo i telefonini, scattiamo alcune foto con quello di Marco.
Ripasturiamo nuovamente e anche Marco comincia a pescare.
Al quarto pesce mi convinco a cambiare sistema, tolgo il galleggiante e mi adeguo a pescare come Rinaldo.
Le catture si susseguono ma diverse le rimettiamo in mare, finalmente anche io prendo la mia prima orata.
Ci fermiamo per fare colazione è ormai mezzogiorno, il vento sta calando e anche il mare fa altrettanto, le barche che vediamo sopravento sono continuamente con le canne piegate, segno che pesci ci sono per tutti.
Alle 15,30 poniamo fine alle ostilità, 25 belle orate sono nel capace frigo, scatteremo a questi pesci alcune foto a casa di Marco e non appena me le invierà non mancherò di pubblicarle su questo topic.
Queste improvvise apparizioni sicuramente naturali, come le migrazioni degli uccelli, hanno per me qualcosa di misterioso che mi affascina.
Da noi viene chiamato col nome di “montone” e come sembra ha a che fare con la riproduzione, ma, per me, ha risvolti inspiegabili.
Su queste secche potete pescarci per tutto l’anno senza vedere un’orata, poi improvvisamente arrivano e improvvisamente, senza nessun motivo, scompaiono e tutto torna come prima.
Ma da dove arrivano? Come fanno a trovarsi e raggrupparsi così numerose? Perché sempre sulle solite secche, scansando quelle vicine? E quando scompaiono dove vanno a finire?
E’ uno dei tanti misteri del nostro amico mare, è uno dei segreti che il mare tiene per sé e che racconta nei giorni di bonaccia, quando un alito di brezza scrive qua e là sull’immacolata superficie, la sua grande storia.
Questa secca che ha il suo sommo, abbastanza esteso, a 32 metri, si solleva da un fondale circostante di circa 50 metri e si trova a circa 7 miglia dal porto di Livorno.
Durante la primavera è ben frequentata da grosse tanute e saraghi e non mancano i pagelli di taglia generosa e qualche bel dentice praio, ma dall’estate in poi la secca è deserta.
Quando ieri verso le 7,30 del mattino siamo arrivati su questa secca, ben quindici barche erano già ancorate sul pianoro più elevato, non c’era posto per nessuna altra barca e per nessuno che avesse avuto un po’ di buon senso rischiando di fare un groviglio di ancore e cime.
Se volevamo la conferma che le mie informazioni avute in settimana fossero attendibili, l’avevamo avuta eccome.
Questo fenomeno naturale, per me misterioso, fa si che ogni anno nel mese di novembre, normalmente verso la metà, improvvisamente, senza nessun avviso alcune secche al largo di Livorno, si popolino improvvisamente di quel meraviglioso sparide che si chiama orata.
Non arrivano alla spicciolata dandoci il tempo di programmarci, nossignori, ieri non c’era l’ombra di un pesce ed il giorno successivo la secca è piena di questi dorati amici.
Ce ne sono di tutte le taglie e abboccano volentieri e facilmente a tutto ciò di commestibile gli si presenti a portata di bocca.
Chiaramente, per non fare inutili stragi chi è veramente sportivo imposta la sua azione alla ricerca del pesce di grossa stazza, limitandosi a trattenere le piccole prede.
Non fa caso al numero di catture delle barche vicine, non siamo in gara, non dobbiamo essere i più bravi, dobbiamo essere i più sportivi, infatti si vede chiaramente chi tiene tutti i pesci, e, chi come noi, rimette in acqua i pesci meno interessanti.
Noi ci siamo dati una regola, teniamo le orate sopra i 500 grammi di peso, intendiamoci bene, non è che stiamo li a pesarle una volta imbarcate, ma ad occhio vediamo quelle che secondo noi possiamo trattenere.
Nonostante alcune barche di amici ci invitino ad ancorarsi vicino a loro, preferiamo allontanarci per non disturbare la loro azione di pesca.
Con lo scandaglio acceso, continuiamo fino a portarci sotto vento del gruppone di pescatori, conosco abbastanza bene tutta l’area e so che ad un certo punto troveremo una depressione a -48 che risale in cigliata fino a -42, il vento è favorevole per la manovra, infatti caleremo l’ancora nel profondo e pescheremo, dando l’appropriata cima a -42, con questa manovra non correremo il rischio di sferrare nonostante il vento teso ed il mare abbastanza mosso.
Eseguo la manovra perfettamente e l’ancora fa subito il suo dovere, faccio filare cima finchè non scadiamo sottovento alla profondità prescelta, bittiamo la cima, ecco siamo pronti.
La prima nostra preoccupazione è quella di pasturare per far fermare i pesci sotto la barca, lo facciamo subito con un capace pasturatore a sgancio riempito di sarde tagliate, preventivamente a casa, in piccoli pezzi.
Montiamo le canne da light drifting, e iniziamo a pescare.
Memore delle “passate edizioni” decido di pescare servendomi del galleggiante, misuro accuratamente il fondo, preparo il terminale in f.carbon 0,30 e lego un amo ad occhiello del n° 2, innesco un trancio di sarda e faccio scorrere tutto fino sul fondo.
Nella concitazione non mi ero accorto che a Marco da un po’ noia il mare, infatti si siede sulla panchetta di poppa, aspettando di stare un po’ meglio prima di pescare.
Rinaldo invece ha gia calato la sua canna, lui pesca senza galleggiante, solo un piombo di 15 grammi appena sufficiente a portare l’esca sul fondo, e, ha ragione lui.
Dopo neppure venti minuti porta a pagliolo la prima orata della stagione, non è grandissima, non arriva ai 700 grammi ma a bordo viene accolta con tanta gioia.
Lo aiuto a slamarla con un paio di pinze adatte a questo uso, la prendo in mano e prima di riporla in frigo non manco di ammirarla.
Il corpo di un argento brillante ed il muso scuro, la macchia rosea sugli opercoli, ma soprattutto i suoi cigli dorati che attraversano il muso fino agli occhi e che danno il nome a questa meravigliosa creatura.
Non hanno niente a che vedere con quelle di allevamento.
La pesca riprende con Rinaldo che fa da mattatore. Mentre con il sistema che adotto io non vedo una mossa.
Con la coda dell’occhio vedo Rinaldo impegnato con una grossa preda, la sta giostrando bene, la frizione del suo Shimano lavora a meraviglia, impugno il guadino e dopo una decina di minuti di lotta, finalmente aggalla, è un magnifico esemplare di circa due chili.
Mi mangio le mani perché ho la fotocamera a riparare dal fotografo, abbiamo solo i telefonini, scattiamo alcune foto con quello di Marco.
Ripasturiamo nuovamente e anche Marco comincia a pescare.
Al quarto pesce mi convinco a cambiare sistema, tolgo il galleggiante e mi adeguo a pescare come Rinaldo.
Le catture si susseguono ma diverse le rimettiamo in mare, finalmente anche io prendo la mia prima orata.
Ci fermiamo per fare colazione è ormai mezzogiorno, il vento sta calando e anche il mare fa altrettanto, le barche che vediamo sopravento sono continuamente con le canne piegate, segno che pesci ci sono per tutti.
Alle 15,30 poniamo fine alle ostilità, 25 belle orate sono nel capace frigo, scatteremo a questi pesci alcune foto a casa di Marco e non appena me le invierà non mancherò di pubblicarle su questo topic.
Queste improvvise apparizioni sicuramente naturali, come le migrazioni degli uccelli, hanno per me qualcosa di misterioso che mi affascina.
Da noi viene chiamato col nome di “montone” e come sembra ha a che fare con la riproduzione, ma, per me, ha risvolti inspiegabili.
Su queste secche potete pescarci per tutto l’anno senza vedere un’orata, poi improvvisamente arrivano e improvvisamente, senza nessun motivo, scompaiono e tutto torna come prima.
Ma da dove arrivano? Come fanno a trovarsi e raggrupparsi così numerose? Perché sempre sulle solite secche, scansando quelle vicine? E quando scompaiono dove vanno a finire?
E’ uno dei tanti misteri del nostro amico mare, è uno dei segreti che il mare tiene per sé e che racconta nei giorni di bonaccia, quando un alito di brezza scrive qua e là sull’immacolata superficie, la sua grande storia.