L'emozione della prima volta
Inviato: 11 gen 2013, 20:55
Nessuno era dietro a me per suggerirmi quando ferrare e neppure mi avrebbe consigliato durante il recupero quando avrei dovuto forzare oppure quando lasciarlo sfogare per non correre il rischio di perderlo, con me c’era solo un amico ai comandi, poco esperto di pesca, in attesa dei miei ordini, intanto il pesce stava prendendo velocemente filo, mentre la frizione del mulinello gracidava allegramente riempiendo l’aria di quel suono.
Era ancora buio pesto, quando mollato gli ormeggi iniziavo a scendere il fosso Reale di Livorno che mi avrebbe portato al porto Mediceo e poi in mare.
Il cielo cominciava leggermente a schiarire quando doppiai la punta rocciosa dalla quale si innalza la torre metallica, sulla cui sommità è situata la sala di controllo del porto e che gli amici livornesi chiamano Livorno radio.
A qualsiasi ora del giorno e della notte, questi scogli sono sempre popolati da un discreto numero di pescatori, che, con le loro canne, insidiano le spigole e le orate massicciamente presenti attorno alla scogliera.
Doppiata la punta virai dirigendomi all’uscita sud del porto che viene chiamata la Vegliaia.
Cedetti i comandi a Davide e mentre ci avvicinavamo misi in pesca le due cannette innescate con le matassine autocostruite una gialla ed una rosa.
Dissi a Davide di portarsi sui due nodi di velocità, spengendo un motore, e di non allontanarsi troppo dal frangiflutti, avevo già visto due o tre attacchi senza esito, probabilmente erano occhiate o piccoli sugarelli, poi finalmente la prima aguglia.
Non era della taglia che avrei voluto, era più piccola, ma la misi ugualmente a nuotare nella vasca del vivo.
Mi accorsi che quel giorno i pesci preferivano il giallo e mi adeguai alle loro richieste sostituendo la matassina rosa.
Seguirono altre quattro o cinque aguglie, ma queste veramente troppo piccole, per cui le rimisi subito in mare, poi, proprio sulla punta esterna ci imbattemmo in un branco di dimensione giusta, ne salpai una, poi un’altra, ci ripassammo sopra dopo un’ampia virata ed altre quattro finirono in vasca, potevano bastare.
Liberai la prima che avevo tenuto perché “non si sa mai” e poi via verso la secca scelta per trainare in questa nostra uscita.
La secca di mezzo canale, così viene chiamata questa vasta area rocciosa, si eleva da un fondale circostante di una cinquantina di metri e il suo sommo è a circa otto metri, questa zona è molto frequentata dai sub data l’accessibile profondità e proprio su un fondale di 10 metri hanno installato una croce votiva.
Nella parte più a ponente, dopo aver degradato dolcemente fino a trenta metri, improvvisamente forma un ciglio che sprofonda a cinquanta metri, questo ciglio, ben visibile sulle carte nautiche, prende il nome di Ciglio Scandaglio.
Tutta la superficie della secca è ottima sia per la traina sia per il drifting, ai grossi predatori stanziali e di passo.
Personalmente quando traino preferisco seguire le batimetriche sui 25/30 metri, percorrendola su e giù in senso W / E sia nella parte nord, ma soprattutto nel suo lato meridionale, secondo me, meglio frequentato.
Il rischio che si corre trainando è quello di trovare le reti di posta, per cui prima di iniziare a pescare è bene sincerarci della loro presenza ed eventualmente tenere conto della loro ubicazione, per cui ispezionammo il percorso, senza vedere nessun segnale degli odiatissimi tremagli, decisi così di proseguire.
La tecnica prescelta era quella di trainare con il piombo guardiano, senza affondatori che a mio avviso comportano diversi svantaggi rispetto alla più semplice tecnica che stavamo adottando, per cui innescai l’aguglia trapassandogli il becco con l’amo trainante e chiudendo il becco tramite un anellino in silicone ricavato tagliandolo da un tubetto.
L’amo pescante invece lo piazzai all’altezza della pinna anale trafiggendo l’aguglia accuratamente e delicatamente sottopelle, facendo fuoriuscire la punta e l’ardiglione come descrivono i sacri testi.
La posai in acqua provando a farla nuotare e vidi con soddisfazione che il pesce si muoveva con disinvoltura come se fosse libera anziché innescata con due ami robusti.
Intanto stavamo navigando attorno ad un nodo di velocità per cui procedetti a mettere l’aguglia in pesca.
Feci scorrere i venti metri di finale in fluorocarbon e quando arrivò la girella che lo collegava al multifibre, agganciai nell’anello posteriore il moschettone legato al nylon di un metro che recava dalla parte opposta un piombo da 600 grammi, il piombo guardiano appunto.
Lo calai sul fondo ed una volta che aveva toccato, riavvolsi multifibre per cinque giri di manovella del mulinello, tarai la frizione in modo che qualsiasi piccola resistenza dell’esca permettesse al mulinello di mollare filo.
Rifeci nuovamente la manovra di far toccare il piombo e recuperare e mi accinsi a preparare l’altra canna.
Ripetei tutta l’operazione, ma questa la misi in pesca molto staccata dal fondo, quasi a mezz’acqua, stavamo percorrendo un tratto abbastanza pianeggiante sui 28 metri e la posizionai sui quindici metri di profondità.
Mi sedetti sul cofano di un motore che è appena fuori la cabina di guida, in modo da controllare le canne e allo stesso tempo conversare con il mio amico Davide alla guida.
La canna di sinistra, quella sul fondo, ebbe un sussulto ed io mi precipitai nel pozzetto sfilandola dal portacanne da incasso.
Continua
Era ancora buio pesto, quando mollato gli ormeggi iniziavo a scendere il fosso Reale di Livorno che mi avrebbe portato al porto Mediceo e poi in mare.
Il cielo cominciava leggermente a schiarire quando doppiai la punta rocciosa dalla quale si innalza la torre metallica, sulla cui sommità è situata la sala di controllo del porto e che gli amici livornesi chiamano Livorno radio.
A qualsiasi ora del giorno e della notte, questi scogli sono sempre popolati da un discreto numero di pescatori, che, con le loro canne, insidiano le spigole e le orate massicciamente presenti attorno alla scogliera.
Doppiata la punta virai dirigendomi all’uscita sud del porto che viene chiamata la Vegliaia.
Cedetti i comandi a Davide e mentre ci avvicinavamo misi in pesca le due cannette innescate con le matassine autocostruite una gialla ed una rosa.
Dissi a Davide di portarsi sui due nodi di velocità, spengendo un motore, e di non allontanarsi troppo dal frangiflutti, avevo già visto due o tre attacchi senza esito, probabilmente erano occhiate o piccoli sugarelli, poi finalmente la prima aguglia.
Non era della taglia che avrei voluto, era più piccola, ma la misi ugualmente a nuotare nella vasca del vivo.
Mi accorsi che quel giorno i pesci preferivano il giallo e mi adeguai alle loro richieste sostituendo la matassina rosa.
Seguirono altre quattro o cinque aguglie, ma queste veramente troppo piccole, per cui le rimisi subito in mare, poi, proprio sulla punta esterna ci imbattemmo in un branco di dimensione giusta, ne salpai una, poi un’altra, ci ripassammo sopra dopo un’ampia virata ed altre quattro finirono in vasca, potevano bastare.
Liberai la prima che avevo tenuto perché “non si sa mai” e poi via verso la secca scelta per trainare in questa nostra uscita.
La secca di mezzo canale, così viene chiamata questa vasta area rocciosa, si eleva da un fondale circostante di una cinquantina di metri e il suo sommo è a circa otto metri, questa zona è molto frequentata dai sub data l’accessibile profondità e proprio su un fondale di 10 metri hanno installato una croce votiva.
Nella parte più a ponente, dopo aver degradato dolcemente fino a trenta metri, improvvisamente forma un ciglio che sprofonda a cinquanta metri, questo ciglio, ben visibile sulle carte nautiche, prende il nome di Ciglio Scandaglio.
Tutta la superficie della secca è ottima sia per la traina sia per il drifting, ai grossi predatori stanziali e di passo.
Personalmente quando traino preferisco seguire le batimetriche sui 25/30 metri, percorrendola su e giù in senso W / E sia nella parte nord, ma soprattutto nel suo lato meridionale, secondo me, meglio frequentato.
Il rischio che si corre trainando è quello di trovare le reti di posta, per cui prima di iniziare a pescare è bene sincerarci della loro presenza ed eventualmente tenere conto della loro ubicazione, per cui ispezionammo il percorso, senza vedere nessun segnale degli odiatissimi tremagli, decisi così di proseguire.
La tecnica prescelta era quella di trainare con il piombo guardiano, senza affondatori che a mio avviso comportano diversi svantaggi rispetto alla più semplice tecnica che stavamo adottando, per cui innescai l’aguglia trapassandogli il becco con l’amo trainante e chiudendo il becco tramite un anellino in silicone ricavato tagliandolo da un tubetto.
L’amo pescante invece lo piazzai all’altezza della pinna anale trafiggendo l’aguglia accuratamente e delicatamente sottopelle, facendo fuoriuscire la punta e l’ardiglione come descrivono i sacri testi.
La posai in acqua provando a farla nuotare e vidi con soddisfazione che il pesce si muoveva con disinvoltura come se fosse libera anziché innescata con due ami robusti.
Intanto stavamo navigando attorno ad un nodo di velocità per cui procedetti a mettere l’aguglia in pesca.
Feci scorrere i venti metri di finale in fluorocarbon e quando arrivò la girella che lo collegava al multifibre, agganciai nell’anello posteriore il moschettone legato al nylon di un metro che recava dalla parte opposta un piombo da 600 grammi, il piombo guardiano appunto.
Lo calai sul fondo ed una volta che aveva toccato, riavvolsi multifibre per cinque giri di manovella del mulinello, tarai la frizione in modo che qualsiasi piccola resistenza dell’esca permettesse al mulinello di mollare filo.
Rifeci nuovamente la manovra di far toccare il piombo e recuperare e mi accinsi a preparare l’altra canna.
Ripetei tutta l’operazione, ma questa la misi in pesca molto staccata dal fondo, quasi a mezz’acqua, stavamo percorrendo un tratto abbastanza pianeggiante sui 28 metri e la posizionai sui quindici metri di profondità.
Mi sedetti sul cofano di un motore che è appena fuori la cabina di guida, in modo da controllare le canne e allo stesso tempo conversare con il mio amico Davide alla guida.
La canna di sinistra, quella sul fondo, ebbe un sussulto ed io mi precipitai nel pozzetto sfilandola dal portacanne da incasso.
Continua