ARCHEONEWS: NON SOLO PESCI
Inviato: 13 mar 2012, 10:47
MI LANCIO.... VEDIAMO CHE SUCCEDE....
Nell’immaginario dell’uomo il mare conserva misteriosi tesori di solito identificati con galeoni carichi d’oro ma nel Mediterraneo, più ricco di testimonianze di epoca greca e romana, è più probabile imbattersi in statue (non per niente il primo grande interesse dell’opinione pubblica per l’archeologia subacquea fu il ritrovamento dei bronzi di Riace) o in pregiati vasi decorati. Sicuramente però le anfore (che potremo paragonare alle nostre damigiane) integre o frammentarie costituiscono i reperti più diffusi nei nostri fondali; ma se oggi appaiono come oggetti abbandonati divenuti magari la tana di un polpo un tempo erano probabilmente parte integrante di un carico di una nave. Molteplici però possono essere i motivi per cui “un coccio” si trova ora sul fondo del mare e non sono obbligatoriamente legati al naufragio della nave che la trasportava. In caso di tempesta il carico poteva essere buttato fuori bordo nel tentativo di alleggerire l’imbarcazione; in prossimità dei porti fluviali o porti-canali il carico veniva trasferito dalle grandi navi onerarie ad imbarcazioni più piccole che invece potevano facilmente risalire il fiume e naturalmente durante il trasferimento qualche anfora poteva cadere in mare. Frammenti di ceramica possono indicare punti di stazionamento di imbarcazioni (approdi naturali o semplici ridossi) e magari venivano gettati in mare le ceramiche che si rompevano a bordo. Oppure ancora più semplicemente – soprattutto nei bassi fondali – il moto ondoso ha trascinato il reperto lontano dal luogo di giacitura primaria.
Ma i relitti restano sicuramente la maggiore fonte di provenienza della ceramica o di altri reperti di diversa natura. Grazie all’archeologia subacquea e in particolare alla scoperta del relitto di Albenga (I a.C.), oggi sappiamo che esistevano navi commerciali di grandissime dimensioni (lunghe anche 40 metri) che trasportavano fino a 10.000 anfore, incastrate le uno sopra le altre su almeno quattro livelli. Ma l’archeologia subacquea, pur essendo prevalentemente collegata a relitti di navi, in realtà studia anche altre testimonianze delle civiltà antiche: opere che per la loro stessa destinazione di uso si trovano sotto il livello del mare, come le strutture portuali e le ville marittime con i loro vivai per i pesci. In questo caso ci troveremo di fronte non a frammenti di ceramica, ma a vere e proprie costruzioni, a volte molto imponenti ed altrettanto affascinanti se si riescono a cogliere i numerosissimi dettagli legati alla loro costruzione ed al loro funzionamento. Esiste infine un’ultima eventualità: per fenomeni geologici (bradisismo, eustatismo, isostasia) o anche a causa dell’erosione delle coste, ampie porzioni di territorio che un tempo erano completamente emerse ora giacciano sotto il livello del mare (esiste naturalmente anche il fenomeno inverso: pianure alluvionali che hanno inglobato strutture che originariamente erano collocate in mare). Un esempio unico al mondo lo troviamo nei Campi Flegrei a Napoli dove – a causa del bradisisma – una vasta porzione dell’antica fascia costiera giace ora sommersa; in questo caso nel corso delle nostre immersioni potremmo visitare ville con mosaici, terme, strade basolate, portici, ninfei botteghe e quanto altro poteva essere parte integrante di un antica area edificata.
La morale di questa introduzione è che qualsiasi oggetto integro o frammentario che troviamo in mare ha una sua storia e un motivo ben preciso per cui si trova lì, è quindi importantissimo non raccoglierlo e non spostarlo perché si perde un piccolo frammento di storia. Il danno non è materiale (un coccio non vale niente) ma il danno è storico perché quel piccolo coccetto può restituire l’indicazione della presenza di un relitto, di una rotta commerciale, di un approdo …. Quindi come anche per tutto ciò che incontriamo nelle nostre immersioni guardiamo fotografiamo ma non portiamo via niente!!!
Nell’immaginario dell’uomo il mare conserva misteriosi tesori di solito identificati con galeoni carichi d’oro ma nel Mediterraneo, più ricco di testimonianze di epoca greca e romana, è più probabile imbattersi in statue (non per niente il primo grande interesse dell’opinione pubblica per l’archeologia subacquea fu il ritrovamento dei bronzi di Riace) o in pregiati vasi decorati. Sicuramente però le anfore (che potremo paragonare alle nostre damigiane) integre o frammentarie costituiscono i reperti più diffusi nei nostri fondali; ma se oggi appaiono come oggetti abbandonati divenuti magari la tana di un polpo un tempo erano probabilmente parte integrante di un carico di una nave. Molteplici però possono essere i motivi per cui “un coccio” si trova ora sul fondo del mare e non sono obbligatoriamente legati al naufragio della nave che la trasportava. In caso di tempesta il carico poteva essere buttato fuori bordo nel tentativo di alleggerire l’imbarcazione; in prossimità dei porti fluviali o porti-canali il carico veniva trasferito dalle grandi navi onerarie ad imbarcazioni più piccole che invece potevano facilmente risalire il fiume e naturalmente durante il trasferimento qualche anfora poteva cadere in mare. Frammenti di ceramica possono indicare punti di stazionamento di imbarcazioni (approdi naturali o semplici ridossi) e magari venivano gettati in mare le ceramiche che si rompevano a bordo. Oppure ancora più semplicemente – soprattutto nei bassi fondali – il moto ondoso ha trascinato il reperto lontano dal luogo di giacitura primaria.
Ma i relitti restano sicuramente la maggiore fonte di provenienza della ceramica o di altri reperti di diversa natura. Grazie all’archeologia subacquea e in particolare alla scoperta del relitto di Albenga (I a.C.), oggi sappiamo che esistevano navi commerciali di grandissime dimensioni (lunghe anche 40 metri) che trasportavano fino a 10.000 anfore, incastrate le uno sopra le altre su almeno quattro livelli. Ma l’archeologia subacquea, pur essendo prevalentemente collegata a relitti di navi, in realtà studia anche altre testimonianze delle civiltà antiche: opere che per la loro stessa destinazione di uso si trovano sotto il livello del mare, come le strutture portuali e le ville marittime con i loro vivai per i pesci. In questo caso ci troveremo di fronte non a frammenti di ceramica, ma a vere e proprie costruzioni, a volte molto imponenti ed altrettanto affascinanti se si riescono a cogliere i numerosissimi dettagli legati alla loro costruzione ed al loro funzionamento. Esiste infine un’ultima eventualità: per fenomeni geologici (bradisismo, eustatismo, isostasia) o anche a causa dell’erosione delle coste, ampie porzioni di territorio che un tempo erano completamente emerse ora giacciano sotto il livello del mare (esiste naturalmente anche il fenomeno inverso: pianure alluvionali che hanno inglobato strutture che originariamente erano collocate in mare). Un esempio unico al mondo lo troviamo nei Campi Flegrei a Napoli dove – a causa del bradisisma – una vasta porzione dell’antica fascia costiera giace ora sommersa; in questo caso nel corso delle nostre immersioni potremmo visitare ville con mosaici, terme, strade basolate, portici, ninfei botteghe e quanto altro poteva essere parte integrante di un antica area edificata.
La morale di questa introduzione è che qualsiasi oggetto integro o frammentario che troviamo in mare ha una sua storia e un motivo ben preciso per cui si trova lì, è quindi importantissimo non raccoglierlo e non spostarlo perché si perde un piccolo frammento di storia. Il danno non è materiale (un coccio non vale niente) ma il danno è storico perché quel piccolo coccetto può restituire l’indicazione della presenza di un relitto, di una rotta commerciale, di un approdo …. Quindi come anche per tutto ciò che incontriamo nelle nostre immersioni guardiamo fotografiamo ma non portiamo via niente!!!