Quella volta ho detto no!
Inviato: 10 ott 2012, 21:17
Lo sapevamo, di ricciole ce ne erano molte, ma la taglia non superava gli otto chili, poco più di cuccioli per dei pesci che raggiungono i 50 chili.
L’attrezzatura era proporzionata per rendere il combattimento con questo pesce generoso, molto sportivo e divertente, sempre al limite.
Innescavamo aguglie con due ami del 3/0 e terminale in fluorocarbon dello 0,30, le canne erano di calibro 6/12libbre ed i mulinell Mitchell Riptide molto piccoli caricati con comune nylon dello 0,40.
Era la terza volta che passavamo davanti a Punta Falcone, ma, nonostante le numerose marcature sullo scandaglio, le nostre esche nuotavano inosservate.
Finimmo di percorrere il tratto più propizio, poi recuperai le canne per verificare se le nostre aguglie fossero ancora vive.
Controllai tutto con cura e le rimisi in acqua guizzanti e vivaci.
Massimo ai comandi, virò molto largo per ritornare su quella scogliera sommersa fatta di punte e ricadute che sono il luogo ideale per i predatori alla ricerca delle mangianze, acquattandosi nell’ombra e materializzandosi all’improvviso, facendo strage dei malcapitati.
Lo scandaglio ci rivelava grosse macchie rosse in mezzo ai branchi di pescetti, e, forse proprio questa abbondanza rendeva difficoltoso quel giorno, far interessare le ricciole alle nostre esche.
Finalmente accadde, accadde prendendoci tutti di sorpresa, come sempre, lo scandaglio non segnalava niente di interessante, eppure, la canna era partita, con violenza come succede spesso con questi predatori allamati a mezz’acqua.
Massimo attivò il pilota automatico e venne a poppa per salpare l’altra canna, poi appoggiò l’aguglia sempre innescata nella vasca del vivo e ritornò ai comandi.
La prima fuga sembrava non finire più, la frizione tarata sul carico del terminale, stava gemendo e il pesce ne svolse alcune decine di metri prima di fermarsi.
Mi pentii di aver usato un terminale così sottile, troppo sottile, ma subito dopo lasciai ogni altro pensiero impegnandomi nel combattimento.
Molto divertente, sempre sul filo del rasoio, ad ogni fuga e ogni affondata, rispondevo con cautela, forzando nella maniera più giusta, contrastando il pesce e al tempo stesso facendolo sfogare per ridurne le forze e la capacità di reazione.
Massimo seguiva ogni fase, incitandomi e dicendomi bravo, quando recuperavo qualche metro o quando controllavo una fuga.
Sentivo le forze del mio avversario che calavano, e ogni volta che pompavo nel recuperarla, avvicinavo la ricciola alla superficie.
Ecco, eravamo alla fine, Massimo aveva fermato la barca e aveva impugnato il raffio, il pesce era quasi a galla e lo sentivo chiaramente che questa volta l’avrei portata sottobordo.
Girata su un fianco, ormai stremata, si faceva trascinare senza nessuna reazione, se non quella di muovere lentamente la coda.
Avevo vinto, nonostante tutte le chanses che avevo dato con questa sottile armatura avevo vinto.
Il raffio stava per trafiggerla e tirarla a bordo, quando guardai attentamente la mia preda.
I suoi grandi occhi, la bocca aperta da dove spuntava un amo piantato nella mascella, lo splendido colore argenteo della vita e le pinne che tremolavano nel contrastare il mio trascinamento.
No, pensai tra me, è ancora un cucciolo, non arriva a dieci chili, ne avevamo prese già due nei giorni precedenti.
No questa volta no!
Fermai Massimo che aveva già preso le misure per raffiarla, no Massimo, la voglio rilasciare. Massimo mi guardò perplesso ma non disse niente, capii che non era d’accordo, ma quel pesce era mio, avremmo rimesso in acqua le canne e questa volta ai comandi sarei andato io, lui forse ne avrebbe presa un’altra e questa volta l’avremmo salpata, ma questa no, era la mia ricciola e volevo che tornasse a nuotare in quelle acque meravigliose ,a cacciare la mangianza, a nascondersi e tendere i suoi agguati.
Massimo era già pronto, infilò i guanti e appena la ricciola si presentò sottobordo l’afferrò per le branchie e la sollevò con non poca difficoltà, con una pinza la slamammo, poi la rimettemmo in acqua facendola riossigenare tenendola per la coda e muovendola avanti ed indietro come avevamo visto fare.
Dopo un minuto, la ricciola dette un gran colpo di coda e si inabissò.
L’attrezzatura era proporzionata per rendere il combattimento con questo pesce generoso, molto sportivo e divertente, sempre al limite.
Innescavamo aguglie con due ami del 3/0 e terminale in fluorocarbon dello 0,30, le canne erano di calibro 6/12libbre ed i mulinell Mitchell Riptide molto piccoli caricati con comune nylon dello 0,40.
Era la terza volta che passavamo davanti a Punta Falcone, ma, nonostante le numerose marcature sullo scandaglio, le nostre esche nuotavano inosservate.
Finimmo di percorrere il tratto più propizio, poi recuperai le canne per verificare se le nostre aguglie fossero ancora vive.
Controllai tutto con cura e le rimisi in acqua guizzanti e vivaci.
Massimo ai comandi, virò molto largo per ritornare su quella scogliera sommersa fatta di punte e ricadute che sono il luogo ideale per i predatori alla ricerca delle mangianze, acquattandosi nell’ombra e materializzandosi all’improvviso, facendo strage dei malcapitati.
Lo scandaglio ci rivelava grosse macchie rosse in mezzo ai branchi di pescetti, e, forse proprio questa abbondanza rendeva difficoltoso quel giorno, far interessare le ricciole alle nostre esche.
Finalmente accadde, accadde prendendoci tutti di sorpresa, come sempre, lo scandaglio non segnalava niente di interessante, eppure, la canna era partita, con violenza come succede spesso con questi predatori allamati a mezz’acqua.
Massimo attivò il pilota automatico e venne a poppa per salpare l’altra canna, poi appoggiò l’aguglia sempre innescata nella vasca del vivo e ritornò ai comandi.
La prima fuga sembrava non finire più, la frizione tarata sul carico del terminale, stava gemendo e il pesce ne svolse alcune decine di metri prima di fermarsi.
Mi pentii di aver usato un terminale così sottile, troppo sottile, ma subito dopo lasciai ogni altro pensiero impegnandomi nel combattimento.
Molto divertente, sempre sul filo del rasoio, ad ogni fuga e ogni affondata, rispondevo con cautela, forzando nella maniera più giusta, contrastando il pesce e al tempo stesso facendolo sfogare per ridurne le forze e la capacità di reazione.
Massimo seguiva ogni fase, incitandomi e dicendomi bravo, quando recuperavo qualche metro o quando controllavo una fuga.
Sentivo le forze del mio avversario che calavano, e ogni volta che pompavo nel recuperarla, avvicinavo la ricciola alla superficie.
Ecco, eravamo alla fine, Massimo aveva fermato la barca e aveva impugnato il raffio, il pesce era quasi a galla e lo sentivo chiaramente che questa volta l’avrei portata sottobordo.
Girata su un fianco, ormai stremata, si faceva trascinare senza nessuna reazione, se non quella di muovere lentamente la coda.
Avevo vinto, nonostante tutte le chanses che avevo dato con questa sottile armatura avevo vinto.
Il raffio stava per trafiggerla e tirarla a bordo, quando guardai attentamente la mia preda.
I suoi grandi occhi, la bocca aperta da dove spuntava un amo piantato nella mascella, lo splendido colore argenteo della vita e le pinne che tremolavano nel contrastare il mio trascinamento.
No, pensai tra me, è ancora un cucciolo, non arriva a dieci chili, ne avevamo prese già due nei giorni precedenti.
No questa volta no!
Fermai Massimo che aveva già preso le misure per raffiarla, no Massimo, la voglio rilasciare. Massimo mi guardò perplesso ma non disse niente, capii che non era d’accordo, ma quel pesce era mio, avremmo rimesso in acqua le canne e questa volta ai comandi sarei andato io, lui forse ne avrebbe presa un’altra e questa volta l’avremmo salpata, ma questa no, era la mia ricciola e volevo che tornasse a nuotare in quelle acque meravigliose ,a cacciare la mangianza, a nascondersi e tendere i suoi agguati.
Massimo era già pronto, infilò i guanti e appena la ricciola si presentò sottobordo l’afferrò per le branchie e la sollevò con non poca difficoltà, con una pinza la slamammo, poi la rimettemmo in acqua facendola riossigenare tenendola per la coda e muovendola avanti ed indietro come avevamo visto fare.
Dopo un minuto, la ricciola dette un gran colpo di coda e si inabissò.