Occhiate con il pedalò
Inviato: 18 dic 2012, 22:42
Come annunciava il giornale, l’asta dei ritrovamenti in mare si sarebbe svolta presso la Capitaneria di Viareggio quindici giorni dopo.
Più per curiosità che altro, lessi distrattamente l’elenco degli oggetti recuperati.
Si trattava di pattini in legno, piccoli scafi in vtr con e senza motore ed in fondo all’elenco un pedalò.
Un mio dipendente, quello che mi aveva portato il giornale evidenziandomi l’elenco, era interessatissimo ad una barca ritrovata con fuoribordo, più per curiosità che altro decisi di accompagnarlo al rimessaggio dove gli oggetti erano visibili.
Il sabato mattina andammo a Viareggio per visionarli di persona.
La barca era intatta, mentre il motore era messo abbastanza male, lo scoperchiammo per verificare l’interno, provammo a farlo girare manualmente con una corda passata attorno al volano motore, e verificammo che non era inchiodato.
Mentre lui stava facendo l’elenco dei pezzi danneggiati per stimarne il costo, io mi misi a gironzolare nel cantiere.
Scambiai quattro chiacchere con il proprietario e ci sedemmo sullo scafo di un pedalò.
Mentre mi parlava dell’iter necessario per partecipare all’asta, battè la mano sullo scafo del pedalò dicendo: ecco, questo se interessasse a qualcuno farebbe un affare.
Il vetroresina è intatto, solo lo schienale di un sedile ha subito un colpo, roba da niente, mancano i piccoli pulpiti di prua, i pedali e la leva del timone, per il resto è perfettamente in ordine.
Cercai di scacciare l’idea che mi era venuta in mente, ma poi pensandoci bene non era troppo male, regalare alle mie tre figlie questo giocattolone per Natale.
Lo so che ci sarebbe poi stato il problema di portarlo in Sardegna, ma sono abituato ad affrontare le situazioni una per volta.
Arrivati a casa ne parlai con mia moglie ed anche lei si mostrò entusiasta dell’idea.
Come mi ero aspettato partecipare all’asta non fu semplicissimo, ricordo che feci due viaggi a Viareggio, poi finalmente potei compilare la mia offerta: centotremila lire.
Anche il mio amico scrisse la sua offerta per la barca: ottantatremila lire.
Per il pedalò c’erano tre offerte e mi pentii mille volte di aver offerto così poco, telefonando ad un cantiere di Cecina che li fabbrica, anche se non quel modello, mi dissero che il prezzo del nuovo era di un milione e duecentomila.
Finalmente giunse il giorno fatidico e le buste sigillate vennero aperte.
Prima quelle per la barca, ma l’altra offerta ere di cinquantamilalire, per cui il mio amico se l’aggiudicò.
Venne il turno del pedalò e la prima busta che aprirono era la mia, le altre due, a pari merito erano di centomila, per tremila lire in più mi aggiudicai l’oggetto, mentre gli altri due, proprietari di stabilimenti balneari restarono visibilmente contrariati.
Anche il pagamento fu una cosa lunghetta e diviso tra il premio al ritrovatore, il costo dello spazio al cantiere e il saldo al Ministero della Marina, insomma un’altra giornata persa.
Caricammo i due scafi e li portammo nel piazzale dell’officina.
Tramite un amico di Forlì risalii al cantiere di Rimini che l’aveva costruito e il sabato successivo andai a prendere i pezzi mancanti e danneggiati.
Fra tutti non spesi ottantamilalire.
La sera dopo il lavoro portavamo le barche all’interno dell’officina ed iniziammo i lavori di restauro.
Consigliati dal titolare di una ditta di vernici, preparammo gli scafi per la verniciatura.
Poi vernice poliuretanica data a spruzzo.
Lui verniciò la sua di un rosso vivo, mentre il pedalò, destinato alle mie figlie lo verniciai di un bel rosa chiaro, mentre gli scafi di un bleu brillante.
Nel piano del prendisole dietro i sedili dipinsi, con non poca difficoltà, una rosa dei venti bleu come gli scafi.
Per il nome che avevo scelto, invece, mi rivolsi ad una ditta di adesivi scegliendo il bleu più vicino al colore che avevo dato e chiamai il pedalò Gechigì dal nome delle mie figlie GEmma, CHIara, GIulia.
Montammo le parti accessorie e la viglia di Natale lo portai a casa sistemandolo su due bassissime caprette sotto il portico.
Misi sul pedalò tre grosse coccarde rosa con i loro nomi ed un mega biglietto in una mega busta che misi sottol’albero e che recitava: mi chiamo Gechigì e spero di essere un grande amico per l’estate.
Il successo fu enorme tanto che dovemmo vestirle bene perché vollero provarlo e riprovarlo finchè stanchissime andarono a letto.
La mattina successiva ci fu un via vai di amiche a pedalare come ossesse e salire e scendere, tanto che qualche graffietto sia sul prendisole che sugli scafi fece la sua apparizione.
Nessun problema, li avrei ritoccati con un pennellino, ma i giocattoli sono per giocarci non per essere tenuti in mostra.
Era la fine di Maggio, quando un cliente ci commissionò un lavoro a Costa Paradiso, purchè avessimo consegnato alcuni manufatti nel mese di giugno.
Non aspettavo altro, insieme alla merce spedii in Sardegna anche il pedalò e lo feci parcheggiare nel posto auto del mio appartamento.
Quando arrivammo in agosto, con il carrello di un amico lo depositammo sulla spiaggia di Rena Majore un po’lontano dagli ombrelloni dove non avrebbe dato fastidio a nessuno.
Continua.
Più per curiosità che altro, lessi distrattamente l’elenco degli oggetti recuperati.
Si trattava di pattini in legno, piccoli scafi in vtr con e senza motore ed in fondo all’elenco un pedalò.
Un mio dipendente, quello che mi aveva portato il giornale evidenziandomi l’elenco, era interessatissimo ad una barca ritrovata con fuoribordo, più per curiosità che altro decisi di accompagnarlo al rimessaggio dove gli oggetti erano visibili.
Il sabato mattina andammo a Viareggio per visionarli di persona.
La barca era intatta, mentre il motore era messo abbastanza male, lo scoperchiammo per verificare l’interno, provammo a farlo girare manualmente con una corda passata attorno al volano motore, e verificammo che non era inchiodato.
Mentre lui stava facendo l’elenco dei pezzi danneggiati per stimarne il costo, io mi misi a gironzolare nel cantiere.
Scambiai quattro chiacchere con il proprietario e ci sedemmo sullo scafo di un pedalò.
Mentre mi parlava dell’iter necessario per partecipare all’asta, battè la mano sullo scafo del pedalò dicendo: ecco, questo se interessasse a qualcuno farebbe un affare.
Il vetroresina è intatto, solo lo schienale di un sedile ha subito un colpo, roba da niente, mancano i piccoli pulpiti di prua, i pedali e la leva del timone, per il resto è perfettamente in ordine.
Cercai di scacciare l’idea che mi era venuta in mente, ma poi pensandoci bene non era troppo male, regalare alle mie tre figlie questo giocattolone per Natale.
Lo so che ci sarebbe poi stato il problema di portarlo in Sardegna, ma sono abituato ad affrontare le situazioni una per volta.
Arrivati a casa ne parlai con mia moglie ed anche lei si mostrò entusiasta dell’idea.
Come mi ero aspettato partecipare all’asta non fu semplicissimo, ricordo che feci due viaggi a Viareggio, poi finalmente potei compilare la mia offerta: centotremila lire.
Anche il mio amico scrisse la sua offerta per la barca: ottantatremila lire.
Per il pedalò c’erano tre offerte e mi pentii mille volte di aver offerto così poco, telefonando ad un cantiere di Cecina che li fabbrica, anche se non quel modello, mi dissero che il prezzo del nuovo era di un milione e duecentomila.
Finalmente giunse il giorno fatidico e le buste sigillate vennero aperte.
Prima quelle per la barca, ma l’altra offerta ere di cinquantamilalire, per cui il mio amico se l’aggiudicò.
Venne il turno del pedalò e la prima busta che aprirono era la mia, le altre due, a pari merito erano di centomila, per tremila lire in più mi aggiudicai l’oggetto, mentre gli altri due, proprietari di stabilimenti balneari restarono visibilmente contrariati.
Anche il pagamento fu una cosa lunghetta e diviso tra il premio al ritrovatore, il costo dello spazio al cantiere e il saldo al Ministero della Marina, insomma un’altra giornata persa.
Caricammo i due scafi e li portammo nel piazzale dell’officina.
Tramite un amico di Forlì risalii al cantiere di Rimini che l’aveva costruito e il sabato successivo andai a prendere i pezzi mancanti e danneggiati.
Fra tutti non spesi ottantamilalire.
La sera dopo il lavoro portavamo le barche all’interno dell’officina ed iniziammo i lavori di restauro.
Consigliati dal titolare di una ditta di vernici, preparammo gli scafi per la verniciatura.
Poi vernice poliuretanica data a spruzzo.
Lui verniciò la sua di un rosso vivo, mentre il pedalò, destinato alle mie figlie lo verniciai di un bel rosa chiaro, mentre gli scafi di un bleu brillante.
Nel piano del prendisole dietro i sedili dipinsi, con non poca difficoltà, una rosa dei venti bleu come gli scafi.
Per il nome che avevo scelto, invece, mi rivolsi ad una ditta di adesivi scegliendo il bleu più vicino al colore che avevo dato e chiamai il pedalò Gechigì dal nome delle mie figlie GEmma, CHIara, GIulia.
Montammo le parti accessorie e la viglia di Natale lo portai a casa sistemandolo su due bassissime caprette sotto il portico.
Misi sul pedalò tre grosse coccarde rosa con i loro nomi ed un mega biglietto in una mega busta che misi sottol’albero e che recitava: mi chiamo Gechigì e spero di essere un grande amico per l’estate.
Il successo fu enorme tanto che dovemmo vestirle bene perché vollero provarlo e riprovarlo finchè stanchissime andarono a letto.
La mattina successiva ci fu un via vai di amiche a pedalare come ossesse e salire e scendere, tanto che qualche graffietto sia sul prendisole che sugli scafi fece la sua apparizione.
Nessun problema, li avrei ritoccati con un pennellino, ma i giocattoli sono per giocarci non per essere tenuti in mostra.
Era la fine di Maggio, quando un cliente ci commissionò un lavoro a Costa Paradiso, purchè avessimo consegnato alcuni manufatti nel mese di giugno.
Non aspettavo altro, insieme alla merce spedii in Sardegna anche il pedalò e lo feci parcheggiare nel posto auto del mio appartamento.
Quando arrivammo in agosto, con il carrello di un amico lo depositammo sulla spiaggia di Rena Majore un po’lontano dagli ombrelloni dove non avrebbe dato fastidio a nessuno.
Continua.