Zio Guido

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bruno21
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Zio Guido

Messaggio da bruno21 »

Anche se questa figura non è direttamente legata al mare è comunque legata ad una attività collaterale: la pesca.

Zio Guido

Preparati Bruno che domattina ti porto a pescare nella Pescia.
Zio Guido in realtà non era uno zio vero e proprio, era fratello del nonno materno ed essendo “giovanotto” come si diceva allora degli uomini non sposati, viveva nella casa insieme ai nonni.

La preparazione consisteva nel reperire dei lombrichi di terra e riporli in una scatoletta di alluminio con i fori di aerazione, unitamente ad un po’ di terriccio umido.
La canna da pesca era proprio fabbricata con canna palustre, fatta di tre pezzi lunghi circa un metro e mezzo ciascuno più un cimino di canna d’india.
Gli innesti tra un pezzo e l’altro, chiamati ghiere, erano in sottile lamina di ottone saldata, fino a ricavarne dei cilindri lunghi circa una ventina di centimetri, metà dei quali erano incollati alla canna e metà lasciati liberi per innestarci il pezzo successivo.
Una volta allungata, tutta la canna misurava attorno ai cinque metri e mezzo.

Le lenze le compravamo già fatte nell’unico negozietto di caccia e pesca della mia città, erano avvolte su di un telaietto in legno, composte da un nylon di chissà quale diametro, con un galleggiante in sughero di forma sferica un po’ allungata, forato passante, verniciato in rosso nella parte superiore, mentre la parte inferiore era lasciata grezza.
Un’asticella in legno, tipo stuzzicadenti messo nel foro s’incaricava di fissare il nylon, anch’esso passato nel foro, all’altezza voluta.
Una serie di piombini sferici spaccati dovevano zavorrare correttamente il sughero, e un amo finale abbastanza grosso completava la montatura.
Come facessimo a prendere i pesci con quell’oggetto, per me, anche oggi, rimane un mistero.

A completare l’attrezzatura, avevo ereditato dalla famiglia di mio padre, un tascapane militare di chissà quale guerra, con tracolla, nel quale, oltre alle tre o quattro lenze montate, mettevo una bottiglia di acqua di viscì, (acqua del sindaco e Idrolitina) un panino imbottito con dell’ottimo prosciutto casalingo, una scatolina di piombini spaccati e qualche amo.
Il portapesci era ricavato da una zucca di forma un po’ particolare, svuotata e poi posta a seccare.

Per raggiungere il luogo di pesca, distante sei o sette chilometri, ci servivamo delle biciclette, legavamo alla canna della bicicletta la canna da pesca mediante spezzoni di spago, il resto lo mettevamo a tracolla, mentre la zucca portapesci veniva legata anch’essa con uno spago al manubrio.
Sembrerebbe un film di Fantozzi, ma, vi assicuro che tutti i pescatori che incontravamo erano attrezzati allo stesso modo.

Lo zio Guido invece della canna pescava con la bilancella, per cui al manubrio aggiungeva anche una sporta in paglia contenente la rete.

Il fiume Pescia, o come tutti la chiamavamo: la Pescia, è un fiumiciattolo di pochissima portata d’acqua, che scorre incassato tra due argini molto alti, la larghezza dell’alveo arriva si e no a dieci metri, e, s’incarica di convogliare nel suo letto le acque pluvie delle colline pesciatine, della citta di Pescia e di Ponte Buggianese, e di scaricarle nella vastissima piana del padule di Fucecchio, una delle più importanti zone umide d’Europa.
Pur essendo brevissimo il percorso dalle sorgenti alla foce, in questo fiume si trovano tutte le specie ittiche che caratterizzano le nostre acque interne.
Trote fario ed iridee nella parte alta, cavedani e barbi in quella intermedia, poi a valle carpe, tinche, anguille, lucci, scardole, persici sole, carassi.
Proprio quest’ultimo tratto era quello nel quale io e zio Guido pescavamo.
Arrivati sul posto, lo zio mi aiutava a scendere il ripido argine, mi metteva al sicuro su una delle tante piazzole create dagli assidui frequentatori del fiume, mi montava la canna e una volta assicuratosi che fossi a posto, procedeva a preparare la sua bilancella.
La sua azione di pesca si svolgeva non lontano da me, per non perdermi mai di vista, gli argini dritti gli permettevano di allontanarsi e riavvicinarsi senza mai perdermi d’occhio.
Nonostante non fossi uno sprovveduto e neppure molto agitato, nonostante sapessi nuotare e lui no, mi sorvegliava continuamente senza però mai intervenire per rimproverarmi anche se facevo qualcosa di sbagliato, ad esempio agganciare un alberello dietro a me durante il lancio, oppure sporgermi dalla piazzola.
Interveniva per aiutarmi a liberare la lenza, oppure con la sua voce pacata mi diceva di stare più indietro ed allontanarmi dal bordo della piazzola.
Conosceva la mia grande passione e mi portava volentieri al punto che senza di me non sarebbe andato a pescare.
Nonostante l’attrezzatura davvero primitiva, di pesci ne prendevo, piccoli persici, scardolette e qualche coloratissima tinca.
Capitava a volte che ne prendessi più io con la canna, che zio Guido con la bilancella.

Quello che mi faceva rodere erano i lucci, numerosi in quel tratto di fiume, non grossi, la taglia era intorno al mezzo chilo, ma lui li prendeva mentre con la canna non ne vedevo l’ombra.

Mentre tornavamo a casa, affiancati con le biciclette, gli domandai il perché non ne avessi mai preso uno neppure per sbaglio.
Vedi Bruno, mi rispose zio Guido, i lucci non mangiano i lombrichi, sono, mi disse lui, carnivori per cui il loro cibo sono gli altri pesci più piccoli.
Credetti poco alle sue parole ed il giorno successivo andai al negozio di pesca per averne conferma.
Il negoziante, con molta pazienza, mi spiegò di come pescavano i lucci gli altri pescatori, mi mostrò una cannetta da lancio, i mulinelli, e soprattutto i cucchiaini, cioè quelle esche metalliche costruite proprio per questa specifica pesca detta “a lancio”.
Solo per curiosità chiesi il prezzo, ma si trattava di una cifra attorno alle ventimilalire per l’attrezzatura completa, quasi il mensile di un operaio, e dunque fuori da ogni mia possibilità presente e futura.

I regali che facevano a quei tempi a noi bambini, per Natale, erano per lo più composti da vestiario biancheria o scarpe e solo un piccolo giocattolo: bambole per le femmine e palloni per i maschietti.
Quell’anno mi attendevo un mega regalo che avevo chiesto più e più volte, i pattini a rotelle, infatti sotto l’albero avevo già occhieggiato una scatola che faceva presagire il regalo sperato, oltre a questo, un altro pacco di lunghezza insolita era appoggiato ai rami dell’abete, lo battezzai per un ombrello nuovo, perché, il vecchio parapioggia, nonostante le numerose toppe applicate col ferro caldo, non riparava più un granchè.

La notte di Natale con tutta la famiglia al completo seduta attorno al tavolo, iniziò la consegna dei regali, i primi serviti, naturalmente, erano i bambini, io e mia sorella che non stavamo più nella pelle per l’attesa.
Aprii il regalo dei miei genitori e fingendo la massima sorpresa apparvero degli splendidi pattini che allacciai subito alle scarpe che avevo ai piedi.
Anche a mia sorella avevano regalato i pattini.
Seguirono poi i vari pacchetti con calze, camiciole in lana, maglioni, camicie , regalo dei nonni.
Poi lo zio Guido si alzò da tavola, prese il pacco lungo e me lo porse, appena preso in mano mi resi conto dal peso che non si trattava di un ombrello.
No, era troppo bello, non volevo pensarci per non rimanere troppo deluso, non era possibile, eppure la forma era quella, cominciai a scartarlo lentamente, e subito mi apparve il colore verde della canna in fibra di vetro, mi sentii mancare, continuai ed apparve il mulinello un Cargem bellissimo di colore nero lucido, in una scatoletta di alluminio erano ordinati una serie di dieci cucchiaini per lucci di ogni forma dimensione e colore.
Per poco non svenni, restai in silenzio per alcuni minuti ad ammirare quegli oggetti meravigliosi che mai e poi mai, avrei osato pensare che un giorno fossero miei.
Saltai addosso a zio Guido e lo riempii di baci e di carezze e anche lui si commosse, un tempo la vita era così, semplice e sincera.

Il giorno successivo sul marciapiede di casa mi allenai nel lancio, dopo un paio di giorni avevo preso dimestichezza degli attrezzi ed acquisito una buona precisione, ero pronto.
Nonostante il freddo ancora pungente zio Guido ed io partimmo con le bici per provare a pescare con la canna al lancio.
Non aveva portato la bilancia, voleva starmi vicino perché questa pesca si fa spostandosi in su e giù per il fiume, come mi avevano insegnato.
Io davanti e lui dietro con la zucca portapesci, feci il mio primo lancio lanciando a monte e recuperando, al terzo lancio, un luccio abboccò all’esca metallica.
Alla meglio, riuscii a tirarlo a riva, poi lo sollevai e lo deposi nell’erba, una preda bellissima di oltre un chilo, cominciai ad urlare e saltare dalla gioia, mio zio mi sollevò di peso e mi strinse forte a se, mi guardò negli occhi e mi chiese: sei contento del regalo dello zio Guido???
Urlai con tutto il fiato che avevo in gola: siiiiiiiiiiii!!!!
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Re: Zio Guido

Messaggio da rupertone »

Bruno......fantastico come sempre!!!!!!!! :smt038 :smt038 :smt038 :smt038
Forse che i pesci un tempo erano meno smaliziati?????????? :smt017 :smt017
Con quell'attrezzatura, non mi riferisco al "lancio", oggi cosa avresti pescato?? :smt102
L'evoluzione della specie!!!!.............tutta colpa di Bruno!! :sarc :smt058
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Re: Zio Guido

Messaggio da gio72 »

........Bruno for ever............ :smt038 :smt038 :smt038
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Re: Zio Guido

Messaggio da Kraken »

E' così bello leggerti che anche un semplice commento può inquinare questo tuo racconto. :smt038 :smt038 :smt038
Augusto,il Mare è uno solo!!!!
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