Occhiate con il pedalò

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bruno21
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Re: Occhiate con il pedalò

Messaggio da bruno21 »

Non avevamo percorso duecento metri che il mulinello della canna cominciò a gracchiare, il primo pesce era allamato.
Mi chiesero se dovevano fermarsi, ma io gli risposi di rallentare solo un pochino per facilitarmi nel recupero.
Le fughe laterali e le affondate improvvise erano le classiche mosse che faceva un’occhiata di buona taglia per cercare di riguadagnare la libertà.
Finalmente aggallò, sollevai la canna per non permettere al pesce di riaffondare nuovamente, lei si mise di piatto e cominciò a farsi trascinare verso il pedalò, opponendo come resistenza solo qualche brusca fermata.
Il terminale sottile non mi permetteva di sollevarla di peso per issarla sul piano prendisole.
Feci montare velocemente il guadino da uno dei pedalatori e con attenzione retinai il pesce.
Era un’occhiata sui 400 grammi, una bella preda, la slamai con cura e la riposi nel contenitore frigo.
Prima di rimettere in pesca la lenza volli verificare la condizione del terminale vicino all’amo, il nylon era stato intaccato dai minutissimi denti del pesce e bastò che tirassi un pochino perchè il filo si strappasse
L’avevamo presa per fortuna, bastava un’altra fermata come ne aveva fatte altre ed il nylon si sarebbe rotto.
Tagliai una decina di centimetri di lenza e rilegai l’artificiale con l’amo.
Mi rimisi in pesca, eravamo circa a mezza strada dalla secca meta della nostra pescata.
Non feci in tempo ad appoggiare la canna che un altro pesce aveva abboccato.
Ripetei l’operazione come avevo fatto in precedenza e un’altra occhiata identica alla precedente andò a far compagnia alla sorella nel frigo.
Rimisi la canna in pesca velocemente, senza controllare il terminale e giustamente pagai l’errore.
Il pesce successivo, probabilmente un’altra occhiata, ebbe in breve ragione del nylon compromesso e se ne andò con l’artificiale in bocca.
Maledissi la furia e la bramosia di prendere pesci, dovevo fare la verifica come avevo fatto in precedenza e rilegare l’amo, nemmeno fossi stato un pescatore alle prime armi, la furia nella pesca è sempre stata una cattiva consigliera.
Arrivammo sulla secca e ripetei l’operazione del giorno precedente, ancorandomi sul sommo e cedendo cima per posizionarci sui 5 metri di profondità.
Iniziai subito a pasturare mentre i due amici già erano in pesca.
Per pescare correttamente in tre, i due amici si spostarono nel piano prendisole e li feci sedere ognuno di loro nella parte superiore dello schienale del sedile e ognuno di essi pescava dalla sua parte, io invece sedevo sul pianale e pescavo in mezzo.
In questo modo, così distanziati, era difficilissimo far imparruccare le lenze tra loro.
Gettavo la pastura a piccole palle una a destra una a sinistra ed una al centro, affinché ognuno avesse la sua scia di pastura.
I pesci non si fecero pregare troppo per entrare in frenesia alimentare, e salpammo velocemente una dozzina di saraghi di taglia intorno ai 300 grammi.
La mattinata fu allietata anche una spigola di 600 grammi catturata da uno dei ragazzi e venne da me retinata appena in tempo, si era slamata e solo per caso finì nel guadino e poi in frigo.
Insieme ai saraghi qualche oratella si unì alla compagnia.
Proprio mentre riponevo una di queste, la canna che avevo appoggiato si piegò vistosamente ed il mulinello cominciò a cedere filo.
La sollevai ed iniziai un bel combattimento, lo percepii subito che era una orata una bella orata che mi faceva divertire ed al tempo stesso emozionare tanto era combattiva.
Non mi aspettavo un pesce di quella taglia su quella secca.
I due ragazzi per timore di danneggiarmi nel recupero avevano tolto le lenze dall’acqua e seguivano il combattimento con grande interesse incitandomi quando recuperavo e tenendo il respiro quando il pesce riaffondando piegava la canna e faceva cantare la frizione.
Era quasi un quarto d’ora che facevo questo tira e molla, quando sentii chiaramente che il pesce si era arreso.
Strinsi leggermente la frizione e mi alzai in piedi, sollevai la canna e finalmente la grossa orata venne su di muso e prese una boccata d’aria.
Sapevo che dopo questa non c’era più storia, infatti ancora un momento di reazione, poi il pesce si mise di piatto facendosi lentamente trascinare verso il pedalò.
Uno degli amici aveva impugnato il retino e aveva allungato il manico telescopico per poterla retinare quando era ancora lontana.
Gli dissi di affondarlo che ce l’avrei messa sopra e gli avrei detto quando doveva sollevarlo.
E proprio qui, per la fretta successe quello che non doveva.
Senza aspettare il mio ordine, il guadino fu sollevato troppo presto, la parte metallica esterna del cerchio toccò il pesce che ebbe una reazione violenta, saltando al di fuori, strappando il nylon e riprendendo la libertà.
Per qualche istante nessuno parlò, poi tra i due cominciarono a volare insulti e mi ci volle del bello e del buono per farli riappacificare.
Capii che quello che aveva sbagliato era mortificatissimo e ogni tanto si scusava con me per quello che aveva combinato.
Per sdrammatizzare buttai tutto in barzelletta, era un tipo molto emotivo e lo sapevo, così mentre continuavamo a pescare volli spiegare come doveva essere intesa la pesca.
A volte si vince altre si perde, altre ancora si rilasciano alcune prede.
Non trascorsero dieci minuti che un’altra orata abboccò alla mia lenza, sembrava la sorella della precedente, solito combattimento e quando venne il momento di usare il retino, volli che lo facesse il ragazzo di prima.
Questa volta non sbagliò, e un’orata di circa un chilo finì a far compagnia ai saraghi.
Avevamo deciso che per le nove saremmo rientrati, risollevammo l’ancora e ci mettemmo sulla via del ritorno.
Rimisi in pesca una canna con l’artificiale e zac, zac, zac, zac, altre quattro bellissime occhiate rimpinguarono il frigo.

-Dai bruno, mi disse uno dei ragazzi, è ancora presto, prima delle undici le tue figlie non arrivano in spiaggia, dai, trainiamo ancora dai.
Come si fa a dire di no a chi dimostra tanta passione, armai un’altra canna e feci venire uno dei ragazzi nel pianale, mentre io sarei andato ai pedali.
Passò pochissimo che un’altra occhiata, più piccola di quelle catturate all’alba finì nel frigo.
I due ragazzi si dettero il cambio e per ogni occhiata catturata si scambiavano posto chi pescava andava ai pedali e viceversa.
Si erano dimenticati di me, io ero sempre li a pedalare, ma vista la passione e la capacità dei due giovani amici mi guardai bene dallo smettere di pedalare.
Rientrammo in spiaggia e sciacquammo bene il pedalò, tolsi i teli sui quali avevo appoggiato le esche e la pastura e continuammo a lavarlo finchè fui sicuro che l’odore della pesca se ne era andato del tutto.

Varie volte ritornammo a pescare con il pedalò, la voce si sparse in spiaggia, ma oltre che a parole quando aprivamo il frigo, “videro e credettero” anche se “beati coloro che pur non avendo visto…”
Fatto sta che i bagnini iniziarono ad affittare i pedalò fin dal mattino prestissimo ad alcuni pescatori che vollero cimentarsi in quel tipo di pesca.
Molte volte la sera, finito di cenare, trovavo diversi conoscenti ad aspettarmi sulla terrazza per sapere cosa dovevano comprare e come dovevano fare per praticare la trainetta alle occhiate.
Il risultato ve lo potete immaginare, quasi tutti i giorni una bottiglia di mirto finiva in gloria tra risate, pacche sulla schiena e consigli.
I due bagnini vollero invitare a cena al ristorante del villaggio me e tutta la mia famiglia, per sdebitarsi, dicevano loro, dei tanti noleggi dei pedalò.
I due giovani amici invece vollero farmi uno scherzo, fissammo un’uscita per il pomeriggio, il ritrovo era per le 18 al pedalò.
Quando arrivai in spiaggia guardai preoccupato in qua ed in là perché non vedevo il mezzo nautico, poi lo scorsi, stranamente lontanissimo da riva, vicino alle dune di sabbia.
Non riuscivo a capire come mai si trovasse là, generalmente era vicino al bagnasciuga.
Quando arrivai notai che sul pianale c’era un secchio molto grande ripieno di cubetti di ghiaccio ed in mezzo una Magnum di Moet e Chandon con attaccata una busta.
La aprii e mentre leggevo il biglietto che recitava: Non la vorrai mica finire da solo eh? Uscirono da dietro le dune i miei giovani amici e un altro gruppo di persone che avevo aiutato ad attrezzarsi.
Fecero la comparsa dei bicchieri e il boccione ben presto esalò l’ultima goccia.

Fine.
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Re: Occhiate con il pedalò

Messaggio da Openboat »

Davvero Bruno,non lo dico per farti un complimento ma.......scrivi veramente bene! :smt023
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bruno21
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Re: Occhiate con il pedalò

Messaggio da bruno21 »

Openboat ha scritto:Davvero Bruno,non lo dico per farti un complimento ma.......scrivi veramente bene! :smt023
:inchino :inchino :inchino
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Etti pare'a che un facessi un sonetto sulla fine der mondo??????
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Re: Occhiate con il pedalò

Messaggio da Marenostrum66 »

gran penna... gran cuore.... ... e gran pescatore ! ;)

ora un altro racconto :smt026
....VENTO IN POPPA!!!!
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Re: Occhiate con il pedalò

Messaggio da duchessa »

:clap :clap :clap :clap anche se sono triste che sia già finito .................
Carla

Siamo invicibili !!!
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