bruno21 ha scritto:

sandro006 ha scritto:ciao bruno come al solito sei molto preciso e competente nelle tue spiegazioni ma vorrei chiederti :
questi sistemi vanno bene anche per la traina sul fondo?

Assolutamente no Sandro, gli artificiali sono addatti solo per la pesca specifica tecnica Inchiku, che si effettua con la barca in deriva, sul web troverai numerosi filmati tra i quali uno in particolare del mio amico Fanelli molto esplicativo.

ok quindi mi confermi che in deriva se pò fà ?

Mi aspettavo domande del tipo: Bruno, ma quando l’abbiamo fatti cosa ne facciamo? Li mettiamo in un quadretto per farli vedere agli amici?
Siccome siete tutte persone educate non mi avete chiesto altro, ho aspettato qualche giorno ma adesso voglio completare l’argomento.
Anzitutto l’attrezzatura base: la canna, il mulinello, come caricarlo correttamente, come e con cosa fare il terminale, come fare i nodi di giunzione e soprattutto come pescare con l’inchiku.
Vi racconterò tutto domani con ampio servizio fotografico.
Chiarirò anche quello che avevo lasciato in sospeso nel primo capitolo, cioè se facciamo il foro nell’artificiale troppo largo, ricordate?
Volevo farlo stasera ma ho un piccolo problema che sicuramente domani sarà risolto.

Vediamo quale canna è adatta a questa pesca, partendo da una considerazione: la canna deve essere tenuta costantemente in mano, senza appoggiarla, per animare la nostra esca artificiale, per cui la prima caratteristica deve essere la leggerezza.
Se andate nei negozi di pesca vi troverete davanti ad una scelta di canne da Jig abbastanza vasta.
Tenete conto che molte di queste sono concepite per il vertical e quindi dimensionate per artificiali di peso rilevante, per la pesca che facciamo noi basta una canna con potenza da 150 grammi.
La canna a mio avviso più adatta ha una lunghezza da 150 a 180 centimetri, con azione assolutamente parabolica, di conseguenza ben anellata e leggera.
Per vedere se la canna ha un’azione prabolica si fa appoggiare il cimino della canna al soffitto esercitando una modesta pressione si vedrà la canna piegarsi uniformemente per tutta la sua lunghezza, se questo non avviene l’azione non è quella desiderata ed è meglio orientarsi su altri modelli. Anche il mulinello va scelto di un modello abbastanza leggero, eviterei di superare come taglia il 5.000, un 4.000 è l’ideale, un 3.000 è troppo piccolo.
Quello che ho fotografato e che uso, è un 3.500 con un buon carico di multifibre in bobina, con una buona frizione, adatto per prede fino ai tre chili. Pur salpandolo, con un dentice di cinque chili mi sono trovato un po’ in difficoltà.
Il mulinello andrà riempito con multifibre, evitate assolutamente il nylon, il diametro dovrà essere compreso tra uno 0,20 ed uno 0,25 che abbiano un carico di rottura attorno alle 40 libbre.
Questo perché gli ultimi 8/10 metri dovranno essere in fluorocarbon o fluorite dello 0,40 con un carico di rottura attorno alle 30 libbre.
E’ importante che il differenziale tra il corpo di lenza e il terminale sia di circa 10 libbre, in modo che qualora l’esca si incagli sul fondo, la rottura avvenga nel terminale e non sul multifibre. I nodi di collegamento tra il m.fibre ed il finale ed il nodo che porterà il moschettone vi li propongo in una sequenza fotografica.
Ho scelto questa serie di nodi perché sono tra i più semplici da eseguire però affidabilissimi. Vi propongo con un’altra sequenza fotografica di come ovviare ad un foro troppo grande in testa all’artificiale salvando tutto l’insieme.
Come prima operazione da fare si dovrà disfare il nodo dell’asola e rifarlo anziché di 2 centimetri di 3 centimetri.
Si procede poi infilando subito una perlina morbida fino a toccare il nodo, si infila l’artificiale col foro grande e si blocca come al solito con la perlina esterna. Parleremo poi di come pescare e quali sono i pesci interessati a questa esca con un po’ di foto.

Ma come usare questi ammennicoli per prendere qualche pesce?
Come ben si capisce, questa esca ha una sua validità se verrà usata facendola muovere in modo da apparire viva.
La pesca specifica si effettua con la barca in deriva e quindi in movimento lento perlustrando così una vasta area.
Si fa dunque scendere sul fondo il nostro inchiku, e poi si solleva lentamente di qualche metro per farlo scendere poi nuovamente sul fondo.
Il movimento non deve essere ritmato e costante, tutt’altro, magari ad uno strattone improvviso e rapido seguirà una lunga pausa, poi un movimento lento e così via.
Sembrerà strano ma il più delle volte l’attacco si verifica durante il rilascio e la discesa verso il fondo.
Questo movimento di alzare ed abbassare in gergo si chiama jerch.
Ognuno ha la propria tecnica, ma molto del successo dipenderà dalla presenza dei pesci.
Personalmente io innesco gli ami, metto su ognuno un quadrello di mantello di calamaro di circa 2 centimetri, esca abbastanza tenace per sopportare tutto il movimento.

Per chi mi conosce sa bene che questa affermazione non è il frutto di una casualità, bensì di più prove fatte sulla stessa barca con un inchiku senza esca ed uno innescato, la differenza è stata notevole e sempre a vantaggio di quello col calamaro, per cui….

I pesci che possiamo insidiare sono principalmente i pagelli le tanute i saraghi gli scorfani, personalmente mi sono imbattuto anche in sugarelloni e grossi sgombri, qualche grongo ed anche qualche murena.