Chi troppo vuole....

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bruno21
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Chi troppo vuole....

Messaggio da bruno21 »

Avevo scritto tempo addietro questo racconto risalente ad una decina di anni fa con l’intenzione di postarlo sotto Natale, ma lo faccio adesso un po’ in anticipo.

Il suono della sveglia mi colse di sorpresa.
Normalmente, l’orologio biologico che è dentro ognuno di noi, mi ha quasi sempre permesso di svegliarmi prima che il sibilo intermittente e crescente della sveglia digitale entrasse in funzione.
Riuscii a fermarla troppo tardi, anche la passeggera che occupa l’altra metà del letto, si era svegliata al suo trillo e mi fece capire il suo disappunto e la sua contrarietà voltandomi le spalle ed emettendo suoni tra il brontolio ed il grugnito dei quali capivo esattamente l’essenza, e, che erano diretti principalmente a me ed indirettamente a chi aveva la mia stessa passione.
Spensi la sveglia e non mi alzai subito, restai immobile con gli occhi aperti, finchè, dopo alcuni minuti, sentii con chiarezza che Morfeo l’aveva ripresa tra le braccia.
Lo sentii dal suo respiro che si era fatto profondo e regolare, nonché dal suono di origine nasale che assolutamente, dice lei, non ha niente a vedere con il russare, ma è la naturale conseguenza di una sinusite acuta, avuta da piccola, e, della quale, nessuno in famiglia a cominciare da sua madre si ricorda.
Il vestiario lo tengo prudentemente in bagno, per cui appena uscito di camera e chiusa la porta senza aver acceso la luce, posso procedere a tutte le successive operazioni senza più disturbare il suo sonno.
La luce che accesi illuminò l’antibagno ed il bagno, ma prima di procedere alle abluzioni andai in cucina ed accesi la macchina per il caffè espresso in cialde che impiegava qualche minuto per salire alla giusta temperatura.
Quella mattina però doveva andare tutto storto e quando aprii la finestra del bagno per vedere che tempo faceva fuori, un colpo di vento malignamente si insinuò nella stanza fece sbattere la porta della cucina.
Rimasi un attimo con il fiato sospeso, ma dopo quest’attimo ebbi subito la certezza che tutto era compiuto.
La sua voce mi giunse come una frustata: alta, chiara, stridula, immediatamente la catalogai di ottavo livello su una scala di dieci.
Le parole che riuscii a cogliere nelle frasi successive erano: sopportazione, pesca, orari, pesciacci, puzzo ed altre che non oso scrivere qua sopra.
A quel livello, lo sapevo, sarebbe occorsa una mezz’ora prima che riprendesse il suo tranquillo sonno del giusto, andando nuovamente a sdraiarmi li vicino, dargli qualche bacino e stringerla vicino a me, ma, non me lo potevo permettere, mezz’ora dopo dovevo essere in banchina davanti alla barca dell’amico Andrea, per cui giocai il tutto per tutto.
-Scusami amore, gli dissi, sono proprio uno sbadato maldestro, è solo colpa mia se ti ho svegliato nuovamente, poi aprii la porta di camera a luce spenta, mi avvicinai a lei e gli posai un bacio sulla fronte, coccolandola un po’ e chiedendo nuovamente scusa.
La cosa funzionò, lei mi passò un braccio dietro il collo facendomi avvicinare al suo viso e mi baciò sulle labbra.
Quel mezzo brigante che è in me cantava vittoria, mentre l’altra metà onesta mi diceva che ero un brigante, misi a tacere la mia metà onesta e chiudendo la porta, riaccesi la luce.

Caricammo sulla barca le due casse di sarde tolte solo pochi minuti prima dal congelatore di Andrea, era ancora buio pesto e le stelle in cielo brillavano e splendevano, segno inequivocabile di un vento alto di tramontana che sicuramente durante la giornata sarebbe girato a maestrale come era nelle previsioni di meteo France.
L’uscita era stata programmata per una pescata ai tonni, che, in questa stagione, sulle Bocche di Bonifacio, sono abbondanti e facili da catturare.
Il fuoribordo Mercury che spingeva il Bayliner 22’ di Andrea rispose subito al comando di starter iniziando sommessamente a ronzare, turbando appena il silenzio che ci circondava.
Finimmo di caricare le attrezzature e mollammo le cime.
Mentre uscivamo dal porto la luce dell’alba cominciava a farsi largo tra le tenebre e quando fummo all’altezza dei fanali d’ingresso la visibilità era molto aumentata tanto da farci scorgere perfettamente l’isola Razzoli meta della nostra battuta.
La secca posta a ponente che prende il nome dall’Isola, ha una conformazione prevalentemente rocciosa, ma, conoscendola bene, la sua caduta nella sabbia forma alcuni scogli isolati, popolati da pesci stanziali di grossa taglia.
Non che la cosa ci interessasse molto, perché i tonni sono indifferenti a questo tipo di fondale, ma, il tratto che avremmo percorso scarrocciando ci avrebbe fatto transitare anche su questi.
Nel percorso avevamo fatto scongelare una cassa di sarde e appena giunti sul posto, prima di mettere in pesca le canne mi misi diligentemente a tagliarle e gettarle in mare iniziando la scia di pasturazione.
Memorizzai sul GPS il punto preciso dell’inizio passata, ma sapevo già che il vento sarebbe cambiato rendendo vana questa operazione.
Andrea mise in mare tre canne posizionate, grazie ai palloncini a tre differenti profondità: 10, 15, 25 metri.
I pezzi di sarda venivano gettati con regolarità a formare una scia omogenea che una volta individuata dal tonno di passaggio l’avrebbe percorsa portandolo dritto sulle nostre esche.
Lo scandaglio sempre acceso, con l’allarme pesce inserito, ci avrebbe avvertito qualora avessimo incrociato un pesce di consistente mole.
Avevamo percorso più di un quarto di miglio senza che ci fosse nessuna traccia degli ambitissimi tonni, stavamo transitando nella zona mista sabbia roccia quando il cicalino dello strumento ci avvertì della presenza di una possibile preda.
Ci affacciammo alla cabina per controllare lo strumento e vidi chiaramente che quello che stava indicando non era un tonno, si trattava di uno strato compatto di mangianza di poco sollevata dal fondo, forse piccole sarde indicate di colore azzurro, e sotto di esse grosse macchie rosse, con molta probabilità dentici, salivano e scendevano all’impazzata creando dei vuoti nei branchi di pesci.
Anche Andrea aveva visto, ma non dette peso a quell’incontro, continuammo imperterriti la passata con lo strumento che ogni tanto ci mostrava come in fotocopia la precedente situazione.
Percorremmo ancora un po’ di strada, poi mentre Andrea ritirava le canne, misi in moto per dirigerci nuovamente al punto di partenza.
Nonostante le previsioni il vento ancora non era girato e la barca percorreva esattamente la traccia che il GPS aveva lasciato nella nostra prima scarrocciata.
Questa volta alla pastura si mise Andrea mentre io restai di guardia alle canne.
Ripercorremmo il tragitto e quando arrivammo nel misto nuovamente lo scandaglio ci avvertì di quello che stava succedendo sul fondo: mangianze e dentici.
Le notizie che giungevano via radio dalle barche nei paraggi erano sconsolanti, quella mattina di tonni non c’era l’ombra.
Andrea, dissi, cosa pensi se proviamo a cambiare sistema e fare il drifting ai dentici, mi sembra che qui sotto, nel misto i clienti non manchino.
Bruno, non abbiamo canne da drifting leggero, non pensavo di cambiare pesca, ho solo queste da tonni.
Non preoccuparti Andrea, neppure io ho portato le canne e i mulinelli adatti, ma nella mia cassetta ho tutto l’occorrente dai terminali ai piombi, agli ami, per canne utilizzeremo queste, lo so che non sono il massimo, ma, comunque ci arrangeremo.
Ritirammo le lenze dall’acqua e cominciammo a preparare i nuovi calamenti.
In meno di un quarto d’ora eravamo nuovamente pronti.
Dissi ad Andrea, che era ai comandi di ripercorrere la traccia in senso inverso e fermarsi dove la roccia cedeva il passo ad il misto.
Ricominciammo a pasturare, però ognuno di noi teneva in mano la canna, facendo lavorare sempre l’esca in prossimità del fondo.
Lavoravamo con maestria i mulinelli cedendo e ritirando la lenza per far creare alla nostra esca una parvenza di vitalità, scendendo sul fondo e sollevandosi di un paio di metri, come un’altalena, però molto aritmica.
Purtroppo ogni tanto succedeva di incagliare sul fondo, però, fortunatamente fino ad allora non avevamo perso il terminale.
Pensando all’ennesimo incaglio, sollevai la canna con forza per liberare il piombo, ma dall’altro capo sentii esattamente che non si trattava del fondo.
Una lunga fuga fatta di prepotenza mi fece immediatamente capire che un cliente importante aveva la mia sarda in bocca, e l’amo abilmente nascosto all’interno di questa, aveva fatto il suo dovere.
Purtroppo la lotta non fu entusiasmante, il libbraggio della canna e la taglia del mulinello ebbero ben presto ragione del pesce che si fece trascinare in superficie lasciandosi guadinare docilmente.
Era un bel dentice di circa 6 chili.
Anche Andrea ebbe il suo momento di gloria salpandone uno un po’ più piccolo.
Proseguimmo anche se sapevamo bene che avevamo raggiunto le catture ammesse dalla legge, ma volevamo divertirci ancora un po’.
Intanto le nostre catture non erano passate inosservate e la barca di un nostro amico si avvicinò per controllare come pescassimo.
Provarono anche loro, ma dopo un po’ desistettero e avvicinandosi ci comunicarono che sarebbero rientrati.
Andrea, prendendo spunto dal film il padrino e parlando come un siculo gli disse: voglio farvi una proposta che non potrete rifiutare, vi regaliamo due dentici ah!
Tra le risa e le battute i due dentici cambiarono barca, dandoci la possibilità di proseguire a pescare nella legalità.
Avevamo nel frattempo fatto due passate a vuoto perché il vento aveva cambiato direzione facendoci percorrere, nello scarrocciare, un’altra rotta.
Ritornammo al punto d’origine e questa volta ripercorremmo esattamente la traccia, fu Andrea ad allamare quasi subito un altro dentice, ma dopo una breve lotta questo si slamo’ lasciandoci con un palmo di naso.
Intanto lo scandaglio aveva smesso di suonare avvertendoci dei pesci sotto la barca, il fondo appariva ora deserto, nessuna mangianza e nessun pesce interessante.
Facemmo tre passate ancora prima di convincerci che la pacchia era finita, provammo a ripassare dove avevamo effettuato le catture ma anche qui nessun pesce in vista.
Erano quasi le due del pomeriggio, quando tornammo in porto a mani vuote.
Non avevamo dato ascolto al vecchio proverbio che dice: chi troppo vuole…….
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Re: Chi troppo vuole....

Messaggio da Skacco »

Ma nooooo come avete fatto a dar via un dentice di 6 chili!!! mannaggia la prossima volta che esci avvisaci così veniamo in zona a raccattare gli scarti..
bellissimo racconto .. mi hai fatto sentire come se fossi in barca con voi!
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Invictus
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Re: Chi troppo vuole....

Messaggio da Invictus »

Che bello, mi sono trovato in casa con te e subito dopo ho sentito l'aria frizzante della banchina mi dispiace
per il ritorno a mani vuote ma vedo che hai comunque conservato ricordi e sensazioni.
memento audere semper
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