Il RESTAURO DEL LEGNO BAGNATO
La storia del relitto di Gela è unica in tutto il panorama dell’archeologia subacquea italiana e per alcuni versi anche in quello internazionale. È una storia unica sia in senso positivo che purtroppo in senso negativo. Così avevo iniziato il post “storia di un naufragio”. Bene l’aspetto negativo è che, nonostante la sua importanza, a distanza di 25 anni il lavoro ancora non è concluso e non c’è ancora la sicurezza di poter mettere un punto a questa storia.
Ma – per i più curiosi – possiamo andare ancora un poco avanti nelle vicende di questa nave.
Terminate tutte le operazioni di recupero, i legni sono stati “parcheggiati” in 3 piscine appositamente allestite e per la verità anche tutti noi abbiamo passato giorni e giorni a bagnomaria per finire la documentazione e la prima analisi di questi legni, che ogni giorno rivelavano piccoli dettagli sempre di grande fascino.
Il legno è un essere vivente e dopo essere stato per 2500 anni (ma ne sarebbero bastati molti di meno) immerso in mare richiede una lunga procedura di restauro; è necessario tenerlo in apposite vasche in una soluzione di acqua calda e P.E.G. (Polietilenglicole, un polimero) in percentuale sempre maggiore per almeno 5 anni. Il legno in questo modo viene completamente dissalato e imbevuto di questa soluzione con il PEG, in modo che in fase di asciugatura non si fratturi e subisca distorsioni né diminuzioni di volume. Anche l’asciugatura viene naturalmente effettuata in forni speciali e a temperatura controllata. Per questo trattamento di restauro venne scelto un laboratorio in Inghilterra (scelta, con il senno del poi, molto opinabile).
Ciascun frammento di legno era stato numerato sott’acqua e il numero riportato sulla planimetria generale dello scafo conservatosi, in modo da sapere quale parte della nave era e la sua esatta posizione. Il primo problema da affrontare è stata la scelta dei cartellini da attaccare ai legni: doveva essere un materiale che avrebbe dovuto resistere per almeno 5 anni a tutti i trattamenti e dovevano anche restare leggibili, alla fine basandoci anche sull’esperienza di altri si decise di utilizzare i cartellini che di solito vengono attaccati alle orecchie di ovini e bovini per il loro riconoscimento e con riportata la nostra numerazione incisa con il laser.
Una nota positiva in questa ennesima prova subita dalla nave è stata l’organizzazione del trasporto di tutti i legni fino in Inghilterra, e qui con orgoglio nazionalista devo dire che è stato fatto un lavoro eccezionale. Naturalmente tutti reperti dovevano restare bagnati ed evitare traumi; la ditta incaricata ha fatto un ottimo lavoro impacchettando ogni singolo pezzo in modo geniale.
Circa 1500 frammenti di legno con dimensioni da piccolissime ad enormi sono stati arrotolati nella gommapiuma, avvolti in carta termosaldabile e chiusi lasciando solo una piccola apertura attraverso la quale è stata versata acqua per bagnare la gommapiuma ed è stata estratta tutta l’aria. Ogni pacco racchiudeva quindi un frammento della nostra nave in ambiente umido e sottovuoto.
Non solo, per i pezzi di maggiori dimensioni erano stati organizzati cassoni in legno su misura e cosi con un TIR gigantesco la nostra nave è partita per il suo trattamento di bellezza.
Una nuova catalogazione è stata poi effettuata al rientro delle prime parti della nave, con nuove foto e nuovi disegni per verificare lo stato di ciascun elemento.
Ad oggi della nave è tornato circa un terzo, il resto è ancora in Inghilterra in parte per terminare il restauro e in parte perché ancora non sono stati messi a disposizioni i fondi necessari per pagare il rientro di quanto è già stato restaurato ….
Però ogni tanto qualche spiraglio si apre poi si richiude poi si apre di nuovo, in realtà non so come andrà a finire, certo è che questa nave – unica in tutto il Mediterraneo, scoperta nel 1988 ancora oggi nel 2012 non ha trovato una degna collocazione. Si prevede che possa essere organizzata una mostra nell’ambito delle manifestazioni previste a Gela per i 2700 anni dalla sua fondazione, ma “del doman non v’è certezza”
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