Tonni difficili

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bruno21
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Tonni difficili

Messaggio da bruno21 »

Erano ormai le quattro del pomeriggio e già volavano in mare le prime sarde della terza ed ultima cassa, eravamo partiti baldanzosi alle nove in punto, dopo una ricca colazione al cafè du port di Santa Teresa, ma la giornata si era dimostrata veramente negativa, non solo noi, ma tutte le barche dei nostri conoscenti non avevano avuto uno strike.
Più volte avevamo avuto i tonni sotto la barca, diligentemente rilevati dallo scandaglio in modo inconfondibile, ma chissà perché, quel giorno delle nostre sarde innescate, i tonni, non ne volevano proprio sapere.
La giornata si stava concludendo stancamente, con gli occhi incollati sui due palloncini che affondavano le nostre esche sui 15 e 30 metri di profondità, perfettamente distanziati ed in corrente.
Mai avevamo smesso di pasturare con sarde spezzettate, tagliate a metà e gettate intere, e, che queste fossero gradite e che fossero attiranti lo dimostravano i vari avvistamenti dell’eco sonda e l’aggallarsi di alcuni esemplari tra i palloncini di segnalazione o addirittura vicino alla barca.

Conoscendo la poca disponibilità del capo barca dopo molte esitazioni mi decisi a chiedere se avessi potuto armare una canna per razzolare sul fondo alla ricerca di un dentice, naturalmente sarei andato a prua per non disturbare minimamente la pasturazione né di ostacolare in alcun modo l’eventuale allamata di un tonno.
Se pur con riluttanza, il capo pesca acconsentì, purchè promettessi che, in caso di uno strike sulle sue canne, tagliassi la lenza della mia canna senza esitazioni per dar modo al timoniere di manovrare senza impicci.
Assentii, presi le mie canne e la cassetta degli accessori e mi trasferii a prua, in un secchio avevo messo anche qualche sarda, scelta tra le più integre e di misura media.
Montai su di una canna da light drifting da quattro metri un mulinello Shimano 8000 caricato con un nylon dello o,45, legai una girella con moschettone e a questo agganciai un terminale di 2 metri in f.carbon 0,40 e legai un amo ad occhiello del 3/0.
La zavorra per un graduale affondamento l’avevo realizzata con alcuni piombini da tre grammi, distanziati tra loro e fissati mediante un finissimo elastico, in modo che in caso di cattura, durante il recupero, questi si sarebbero staccati senza alcun problema urtando nell’anello apicale.
Liberai il terminale dal moschettone e dopo aver infilato una sarda su un ago Stonfo da innesco, la feci scorrere per tutta la lunghezza fino all’amo, feci scomparire l’amo nella bocca dell’esca in modo che solo l’ardiglione restasse all’esterno, con la massima attenzione feci calare l’esca in mare e liberai l’archetto affinché la sarda trascinata dalla corrente si allontanasse mentre affondava, aiutai i primi metri ad uscire poi iniziò ad allontanarsi da sé.

Trascorsero si e no tre minuti che la canna si piegò al massimo della curvatura mentre il nylon usciva con difficoltà impacciato dall'archetto, allentai subito la frizione e chiusi l'archetto, ora il filo usciva omogeneo ma ad una velocità insolita, sicuramente non si trattava di un dentice, il nylon calava a vista d'occhio, si trattava di un tonno, un tonno che avrei sicuramente perduto ma era lui, ne ero certo.
Non trascorsero che pochi secondi e tutto finì, la canna si raddrizzò, il mulinello smise di lamentarsi e il filo andò in bando, recuperai quello che restava, c'era tutto compreso uno spezzone del terminale, il tonno aveva rotto vicino all'amo.
Non c'era stata lotta, non c'era stato niente, restava solo una cosa positiva: avevo capito.
Avevo capito come volevano che fosse presentata loro l'esca quel giorno, niente doppiature, niente inneschi multipli, niente profondità predeterminate, niente esche statiche, quel giorno la volevano così, naturalmente dovevo cambiare un po' di cose cominciando dalla canna e dal mulinello, dovevo cambiare i diametri dei nylon, dovevo cambiare l'amo ma finalmente avevo capito.

Andai in cabina e presi una mia vecchia canna da 30/50 libbre armata con un altrettanto vecchio mulinello Penn Senator del numero 9 con frizione a stella, caricato con nylon dello 0,80, trovai anche una bobina di f.c. dello 0,70 ed alcuni ami da tonni di misura piccola, ritornai a prua e mi detti da fare.
Rifeci più o meno la montatura che avevo fatto in precedenza, eliminai il moschettone per poter rifare il terminale di due metri nonostante la canna cortissima, rimisi i piombini con l'elastico, rinfilai la sarda nel terminale, e cucii nylon terminale, asola con asola, liberai tutti i fermi al mulinello compreso il cicalino e misi la sarda in acqua.
Aiutai il nylon ad uscire per i primi dieci metri, dopodiché la bobina iniziò a girare liberamente, col pollice regolai l'uscita del filo e appoggiai la canna sul pulpito.
Sentii ad un tratto che il filo stava ora uscendo velocemente, il cuore mi balzò in gola ma non mi feci sopraffare dall'emozione, presi la canna e mi alzai in piedi, premetti col pollice fino a fermare la bobina e poi ferrai con forza urlando: strike!

Regolai la frizione e cominciò la battaglia, le canne con i palloncini erano state salpate e il timoniere aveva già messo in moto accompagnandomi e agevolandomi nella lotta.
Non avevo mai fatto un combattimento con un tonno dalla prua e mi feci aiutare a scendere nel pozzetto, il tonno era bello grosso e non voleva saperne di finire così la sua giornata, il filo era sottile ma ne ero consapevole e non avevo nessunissima fretta, forzai la mia preda nel modo giusto aiutato anche dal pilota, e la lotta durò una mezz'ora buona, ma finalmente il tonno era sotto la barca, un abile colpo di raffio, mise fine alla lotta, a fatica tirammo il tonno in barca, e lasciammo i suoi 75 chili a tamburellare sul pagliolo.

Ritornammo sul luogo pasturato e rimisi in pesca la mia micidiale attrezzatura, passarono quindici minuti ed il mulinello riparti a ruotare velocemente, fermai il filo con il pollice, mi alzai in piedi e ferrai urlando: strike!!!!!!!!!!!
il mare è specchio del cielo
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